Un punto fermo c’è, e non è il punto G: verbosi risultati di studi comproverebbero che l’esistenza del punto G è privo di basi scientifiche. Proprio come l’orgasmo vaginale, di cui il punto G costituirebbe l’accensione.
Chiariamo che con il punto G (dal nome Gräfenberg, che nel 1950 lo rese noto al pubblico) si intende indicare una parte anatomica dell’uretra femminile, una zona erogena raggiungibile stimolando la parete anteriore della vagina. La stimolazione delle ghiandole uretrali, o “prostata femminile”, provocherebbe un piacere tale da culminare in un orgasmo, cosiddetto vaginale.
Ma “le ghiandole del corpo umano, come anche la vagina femminile, non hanno la funzione di scatenare orgasmi”, ribattono perentoriamente i sessuologi Vincenzo e Giulia Puppo, rispettivamente del Centro Italiano di Sessuologia e del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, sulla rivista scientifica Clinical Anatomy: l’orgasmo femminile avviene per la stimolazione del clitoride (anatomicamente corrispondente al pene maschile) ed è dunque raggiungibile da tutte le donne.
Puppo rimarca che il punto G non sarebbe altro che un propulsore pretestuoso per un giro di affari multimilionario. E aggiunge che le recenti dichiarazioni di Adam Ostrzenski – il quale sostiene di averlo trovato eseguendo l’autopsia su una donna di 83 anni e propone interventi chirurgici per le donne sprovviste del magico punto – ne rappresenterebbe l’emblema.
I Puppo sono la consacrazione ultima del filone a sostegno dell’inesistenza del punto G. Già nel 1966, i sessuologi William Masters e Virginia Johnson, dopo aver esaminato 7500 orgasmi in 382 donne, conclusero la loro poderosa opera affermando: ”Il clitoride rappresenta il punto focale di ricezione degli stimoli sessuali esterni […] la sua sola funzione, che si sappia, è quella di centro erotico.16 […] La vagina, invece, durante l’orgasmo si distende nella parte profonda, mentre nel primo terzo vicino all’ingresso si contrae energicamente e ripetutamente con regolare frequenza. La reazione descritta del terzo esterno della vagina è l’unica risposta fisiologica del condotto vaginale limitata alla fase di orgasmo. […] Si può quindi concludere che l’orgasmo vaginale e clitorideo non rappresentano due fenomeni separati.”
Eppure, alcune donne giurano di averlo provato. Per gli irriducibili sognatori che esista un’altra porta del paradiso è più facile appigliarsi al grimaldello offerto da altri studi, come quelli del professor Emanuele Jannini, docente di Sessuologia Medica dell’Università degli studi dell’Aquila, pubblicati nel 2008 sulla rivista The Journal of Sexual Medicine. Studi (molto criticati perché refutabili da un punto di vista anatomico) tesi a dimostrare la presenza – solo in alcune donne – del punto G. Oppure all’opinione di Alessandra Graziottin, Direttore del Centro di ginecologia dell’Ospedale San Raffaele Resnati di Milano, che asserisce: “Sì, il punto G esiste, ma solo nel 50% per cento delle donne. Non ce l’hanno tutte perché è il residuo embrionale della prostata maschile, posto sulla parete vaginale anteriore, circa 2-3 cm all’interno dell’entrata vaginale. Come tutti i residui può essere minimo e non dare segno di sé, o essere ben sviluppato tanto da procurare orgasmi molto intensi, accompagnati dall’emissione di una o due gocce di liquido. Se analizzato chimicamente, si rivela identico al secreto prostatico, perché contiene tra l’altro il PSA (antigene prostatico specifico) e può essere visualizzato, anche con l’ecografia trans vaginale.”
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